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Materiale Consacrazione

I FONDAMENTI TEOLOGICI DELLA CONSACRAZIONE A MARIA – Padre Serafino M. Lanzetta

Introduzione

 

La consacrazione a Maria come dono totale di sé ha caratterizzato sempre la pietà mariana della Chiesa. Sin dai primi secoli si avverte il bisogno filiale di donarsi a Maria, di mettersi sotto la sua protezione, come recita la preghiera mariana più antica, il Sub tuum praesidium (sec. III). Il vocabolario teologico della consacrazione alla Vergine ha conosciuto un notevole incremento lungo i secoli: si parla di oblatio, di commendatio, fino alla schiavitù mariana di san Luigi M. Grignion da Montfort, e all’essere cosa, proprietà, nulla nelle mani di Maria, come dice san Massimiliano M. Kolbe. Come una sorta di impegno da veri testimoni, si è avvertita la necessità di donarsi alla Vergine, di rendersi suoi servi, suoi cavalieri, per vivere con più fedeltà il Santo Vangelo, echeggiando in fondo il suo essere la «Serva del Signore» (Lc 1,38). I fedeli sono così ricorsi alla vigile e materna premura di Santa Maria, per affidarle se stessi, e così ad un titolo speciale, implorare dalla sua materna intercessione le grazie e i favori per la loro vita, per tutti i loro bisogni. Maria è la Madre, che si prende cura dei suoi figli, li ama e li accompagna al Cielo. Anche oggi, con più difficoltà, forse, bisogna far riscoprire ai fedeli la bellezza della pietà mariana, che colorerà poi la fede con quell’accento materno e sponsale, necessario per non inaridirsi nelle secche di un vuoto razionalismo o di un gretto fideismo. Maria è la Signora Santa che ha collaborato con Dio nella ricreazione della stirpe umana, riscattandola dal peccato: ecco il cuore del suo impero d’amore accanto al Figlio; ecco il suo esser acclamata “Santa Regina”, a cui ci si rivolge implorando: «Salve Regina». Scrive Eadmero (†1124), monaco medioevale e discepolo di sant’Anselmo:

«Come… Dio, creando tutte le cose nella sua potenza, è padre e signore di tutto, così Maria, riparando tutte le cose con i suoi meriti, è la madre e la signora di tutto: Dio è signore di tutte le cose, perché le ha costituite nella loro propria natura con il suo comando, e Maria è signora di tutte le cose, riportandole alla loro originale dignità con la grazia che ella meritò»[1].

 

È proprio il tema della Regalità di Maria che incorona di celeste bellezza il suo munus materno di mediazione a favore dei suoi figli, costituendola Madre spirituale di ogni cristiano, rinato per opera di Cristo Redentore a cui è intimamente associata Maria Corredentrice. Dal fatto che Maria è Madre e Regina deriva la somma convenienza di consacrarsi a Lei, di diventare una sola anima con Lei per essere pienamente uniti al Signore. Donarsi a Maria con un atto di consacrazione significa riconoscere la sua Regalità Materna, accoglierla nella vita e lasciarsi guidare da Lei, rimanendole fedeli, come in un patto di alleanza celebrato tra la Madre e il Figlio, al fine di rimanere fedeli all’alleanza con il Figlio. Dal momento che l’alleanza del «Dio con noi» (Mt 1,23) si celebra come sponsalità personale con la «Figlia di Sion», Maria (cf Lc 1,38; Gv 2,5), per poi aprirsi alla collettività del nuovo Popolo di Dio, la Chiesa, allora sarà un grande profitto spirituale per tutti donarsi a Maria, “allearsi” con Lei, per appartenere a Cristo nella fedeltà e nella verità.

In questo lavoro, dopo aver enucleato i fondamenti della consacrazione a Maria, come ci vengono presentati dalla tradizione mariologica, proveremo a lumeggiare, con qualche accento nuovo, un tema antico come quello della consacrazione, inserendo la nostra riflessione nel tema dell’“alleanza” biblica, così pregno di simbologia e di contenuti per la riflessione teologica in quanto tale. Maria è la stessa consacrazione a Lei, così non appariranno superflue o superate. Sono indispensabili per essere fedeli al dettato della Rivelazione. In questo modo la riflessione mariologica avrà anche un afflato ecumenico: potrà presentare la Vergine nell’alveo biblico della chiamata divina a collaborare con il Kyrios risorto e vivo nel mysterium salutis.

 

  1. Consacrazione: di che si tratta?

 

Il verbo da cui bisogna partire per inquadrare il tema della consacrazione è aghiázo. Nei LXX aghiázo traduce normalmente la radice ebracia qdsˇ ed è in relazione al culto, tanto nella forma qal (cf Es 29,21; Lv 10,3) e nifal (cf Es 29,43; 30,29), quanto nella forma causativa (cf Es 28,34; Lv 22,2) ed enfatica (cf Gen 2,3; Es 13,2). Il verbo assume due significati a seconda della radice ebraica che traduce. Quando è nella forma causativa significa per lo più “consacrare”, quando invece è nella forma enfatica, significa invece “santificare”, con riferimento al rito espiatorio (cf ad es. Es 29,33.36). Il significato base del verbo è quello di rimuovere una persona o una cosa da un uso profano per renderle sacre, mettendole dunque da parte e riservandole per il servizio di Dio, come nel caso della consacrazione dei figli di Aronne come sacerdoti (cf Es 29,1). Questo destinare qualcosa o qualcuno ad un uso speciale richiede un senso di rispetto e di venerazione[2].

Nel NT questo verbo viene utilizzato con molto rilievo nel Pater noster (cf Mt 6,9; Lc 11,2), in cui il soggetto logico della santificazione non può che essere Dio stesso. Solo Dio che è il Santo, Santo in se stesso, può rivelarsi agli uomini come Santo; per contro gli uomini non possono santificare il suo Nome direttamente e personalmente.

Gesù è il «Santo di Dio» (cf Gv 6,69) che santifica se stesso perché i suoi siano santificati nella verità (cf Gv 17,19). Cristo offre agli uomini uno strumento di santificazione nel suo sacrificio espiatorio. Con la sua offerta (prosforá) compie la santificazione nei santificati (cf Eb 10,10.14). Il suo sangue è strumento di riconciliazione e quindi di santificazione (cf Eb 10,29)[3]. Infatti, «Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città» (Eb 13,12). «Queste parole esprimono in modo chiarissimo il rapporto fra il concetto di espiazione e di santificazione»[4].

I cristiani, pertanto, devono continuare a vivere uniti a Cristo per rimanere nella consacrazione, nel suo amore (cf Gv 15,9-10), perché «sono stati santificati in Cristo Gesù» (1Cor 1,2). Per questa ragione Pietro dirà a tutti i cristiani, di santificare il Cristo nei cuori: «Tòn Christòn aghiàsate en tais kardíais umôn» (1Pt 3,15). Infatti essi in quanto “santi” (cf 1Pt 1,16), «costituiscono il tempio immacolato in cui dimora il Signore. Anche qui la purezza di cuore è vista come la condizione necessaria della santificazione»[5]. Questa purezza di cuore, come vedremo, ha un modello (Vorbild): il Cuore Immacolato.

 

 

  1. Maria exemplum perfetto di consacrazione e Mediatrix della nostra consacrazione a Dio

 

L’ingresso della Vergine nel mistero di Dio e della salvezza si dipana con la meravigliosa scena dell’Annunciazione (cf Lc 1,26-38). Dio chiede il consenso di Maria per entrare nel mondo, assumere la nostra carne e così riparare al peccato e al male nel sacrificio della sua umana natura. Al momento del sublime “Fiat” che schiude la terra al cielo, la Vergine viene adombrata dallo Spirito Santo (epeleúsetai), la sua potenza la riveste (episkiásei), come la nube che copriva la Dimora di Dio, che a sua volta custodiva l’arca, rivestendola della sua presenza e dichiarandola parte riservata a Dio (cf Nm 9,15-17), e come le ali del cherubino che coprivano il coperchio dell’arca dell’alleanza, nascondendola agli sguardi profani (cf Eb 9,5). Maria è perciò consacrata dallo Spirito Santo, è riservata a Dio quale tabernacolo dell’Altissimo, grembo della Nuova Alleanza. Con il suo “Fiat” materno, Maria aderisce alla divina economia, risponde al dono della consacrazione e si offre come “Serva” per partecipare al piano della salvezza, che vedrà ormai due attori: il Servo di YHWH (cf Is 53) e la Serva del Kyrios (Lc 1,38). Scrive recentemente A. Valentini:

«Proclamandosi serva, la Vergine dichiara la sua incondizionata appartenenza al Signore, mettendo la propria vita al servizio dei suoi progetti salvifici […] Su tale base si può dire il sì della fedeltà, con un impegno d’incondizionato servizio: si noti le espressioni ghénoito moi (Lc 1,38) e tois lelal ménois (1,45; cf anche Gv 2,5)»[6].

 

Maria, poi, come persona consacrata, si mette in viaggio per comunicare la salvezza (cf Lc 1,39-56). Porta la salvezza portando Gesù; è già Mediatrice di questa salvezza che comunica con il suo andare.

Nella presentazione, poi, del Bambino al tempio (cf Lc 2,22-38), assistiamo ad una scena mirabile: il Figlio chiede la cooperazione materna di Maria per essere presentato al Padre ed essere offerto come annuncio profetico della Redenzione. Questo gesto offertoriale, in cui il Figlio si dona al Padre come sacrificio di salvezza, compiuto ora da Maria, “Vergine offerente” come si esprimeva Paolo VI[7], prelude a quello del Calvario, dove tornerà nuovamente presente la collaborazione offertoriale di Maria, la sua Mediazione in Cristo per la nostra salvezza. Qui, al tempio, Cristo si offre al Padre per le mani di Maria e si annuncia perciò il gesto offertoriale di ogni figlio di Dio che si dona al Padre ancora per le mani di Maria, che si dona a Maria per essere completamente di Dio.

In questi Vangeli dell’infanzia di Cristo che preparano l’ingresso al suo ministero pubblico, possiamo leggere un dato interessante per il nostro tema: Maria è consacrata da Dio come grembo dell’Alleanza, come «Figlia di Sion» (tema su cui ritorneremo) che risponde alla chiamata dell’Altissimo a favore di tutto il nuovo Popolo di Dio, e ad un tempo, riveste un ruolo materno – indispensabile nella generazione dei figli di Dio –, di mediatrice tra Dio-Cristo e la Chiesa, i suoi figli, quei figli che accoglierà in modo ufficiale nel momento sublime del Calvario (cf Gv 19,26-27): lì vi sarà la Donna, la Madre, la nuova Sion. Per Maria andiamo a Gesù, siamo introdotti nel mistero della salvezza: la riceviamo, e vi partecipiamo. Potremmo già dire che consacrandoci a Maria parteciperemo, al contempo, di questa esemplarità di consacra­zione a Dio e del ministero di Maria Media­trice che ci unisce a Dio, che ci porta a Lui.

 

 

  1. I fondamenti mariologici della consacrazione a Maria (Maternità spirituale e Regalità universale)

 

Due sono i livelli da considerare nello studio dei fondamenti teologici della consacrazione a Maria: quello dell’eccellente dignità di Maria, Madre di Dio e nostra, e il suo ruolo unico e materno nel mistero della salvezza. Dal primo livello, ovvero la singolare grandezza di Maria, deriva che la consacrazione a Lei è un atto di iperdulia: una venerazione somma che si tributa alla Vergine in quanto Regina e modello di tutti i Santi. Nel secondo livello invece, ovvero la partecipazione unica di Maria alla nostra Redenzione, si delinea il fatto che, essendo Maria scelta da Dio come alma Socia del suo piano salvifico, ed avendo collaborato alla nostra rigenerazione, per volontà di Dio, compie un’opera nei nostri confronti: di qui il legame filiale che nasce tra ogni cristiano e Maria, legame che si esplicita nella consacrazione a Lei, quale presa di coscienza attuale del suo posto nella Redenzione e nella nostra vita. Consacrarsi a Maria, non è più soltanto un atto di venerazione verso di Lei – col rischio di dipendere dalla più o meno marcata pietà mariana nella vita individuale del fedele –, ma il modo per cui siamo ormai uniti alla Madre in ragione della nostra rinascita in Cristo, in ragione del nostro Battesimo[8]. Il Battesimo, per così dire, ci porta a Maria, e Maria ci fa vivere secondo il nostro Battesimo. Qui si evidenzia, dunque, un movimento duplice che segue quello mediatore di Cristo: c’è anzitutto una mediazione discendente di Cristo, il suo venire verso di noi come Redentore e quindi una mediazione ascendente del suo sacrificio e dei suoi doni, come adorazione di Dio e salvezza dell’uomo. Così accade in Maria e nella consacrazione a Lei: c’è una mediazione verso di noi e il nostro andare verso di Lei, per ritornare a Dio, attraverso l’unica mediazione ascendente di Cristo. La consacrazione, perciò, specifica l’operari del cristiano e dichiara la sua volontà di cooperare con Dio per la sua salvezza, attraverso la cooperazione umana più perfetta che è quella di Maria.

Ora, nel secondo livello, bisogna distinguere ulteriormente due fondamenti prossimi della consacrazione alla Madonna: la sua Maternità spirituale e la sua Regalità universale[9], imperniati entrambi su quello remoto che è la divina Maternità di Maria, o in una visione francescana, l’Immacolata Concezione.

La Maternità spirituale di Maria, eco della parola di Gesù rivolta al discepolo: «Ecco la tua Madre!» (Gv 19,27), è frutto della sua Mediazione materna, nella quale si dipanano la sua cooperazione attiva ed immediata alla Redenzione, definibile in modo conciso come “Corredenzione”, e la sua distribuzione delle grazie nel tempo ai suoi figli, in virtù della sua mediazione discendente, che lumeggia e al contempo s’aggancia alla Regalità universale, e questa, a sua volta, inserita nella mediazione celeste di Maria, quale supplica ed intercessione materna presso il suo divin Figlio. Volendo essere ancora più sistematici, dovremmo collocare all’interno della Maternità spirituale di Maria, la sua Mediazione acquisitiva: la sua cooperazione attiva ed immediata alla Redenzione, mentre nella sua Regalità universale, la sua Mediazione celeste, quale distribuzione di tutte le grazie, o Mediazione distributiva. Per tali ragioni passeremo ora ad enucleare separatamente i due presupposti teologici della consacrazione a Maria che dipingono la sua mediazione nella Chiesa: la Corredenzione e la Regalità mariane.

 

 

 

 

3.1  La Corredenzione mariana

Partendo proprio dal testo giovanneo della consegna del discepolo amato a Maria e di Lei, quale madre spirituale al discepolo amato (cf Gv 19,26-27), si evince una presenza unica e misterica di Maria quale “Donna”, Nuova Eva, accanto a Cristo, il Nuovo Adamo. Quell’appellativo “Donna”, designa una missione precipua di Maria accanto e sotto Cristo: quella di cooperatrice unica (come unica era Eva accanto ad Adamo) nel mistero della Redenzione. Maria ha effettivamente cooperato, intervenendo in modo attivo – con il suo “Fiat” cosciente e libero – e in modo immediato – ha veramente portato qualcosa di suo, di materno, nel farsi della salvezza – alla nostra rinascita cristiana, alla nostra liberazione dal peccato e alla conseguente adozione a figli e santificazione (cf Rm 8,19-25; Gal 4,4). Per Maria siamo stati salvati. Per la sua mediazione nel mistero della Redenzione, la salvezza di Cristo è giunta a noi tutti. Sicché, ben a ragione, Maria può esser definita “Corredentrice[10] per aver «riscattato il genere umano»[11], intendendo con questo appellativo, come è stato spiegato ormai in modo esaustivo, una cooperazione che tocca l’in sé del mistero della salvezza, come com-partecipazione personale, materna e meritoria, che, unita e subordinata per divina volontà all’opera di Cristo, contribuisce alla nostra rigenerazione. Maria, dunque, per queste ragioni è veramente nostra Madre. Il Vaticano II così delinea questa mediazione mariana posta nell’unica mediazione di Cristo «a un titolo assolutamente unico» (LG 61):

Maria «cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell’ordine della grazia» (Ibidem).

 

Questa restaurazione della vita soprannaturale si è compiuta per mezzo della consociazione della Vergine Maria col Figlio, dal primo momento dell’Annunciazione fino al Calvario, dove, come ribadisce il Concilio, soffrì profondamente col suo Figlio Unigenito, «associandosi con animo materno al suo sacrifico, amorosamente consenziente all’immola­zione della vittima da lei generata» (LG 58). Dice De Fiores:

«[…] colei che aveva prestato la sua collaborazione materna alla consacrazione sacerdotale di Cristo nella sua venuta nel mondo (Gv 10,36; Lc 1,35), ora partecipa attivamente alla consacrazione sacrificale di Lui che avverrà sul Calvario (Gv 17,19; Lc 2,23 in cui ritorna la stessa espressione di Lc 1,35)»[12].

Pertanto, Maria partecipe del munus sacerdotale del Figlio, con un vero e proprio sacerdozio materno, ha cooperato all’immolazione della Vittima, offertasi per i nostri peccati, per riconciliarci con Dio[13]. Specialmente sul Calvario, Maria diventa quel nexus indispensabile (in modo relativo alla divina disposizione) per l’offerta di Cristo, prolungata poi in modo sacramentale nella Chiesa. Questo nexus ministerialis materno potrà illuminare la nostra consacrazione alla Madonna. Quindi, con A. Marranzini, possiamo appurare che:

«A differenza degli altri Santi, che hanno beneficiato della salvezza già apportata da Cristo all’umanità, Maria ha collaborato al compimento stesso della redenzione e ancor oggi è presente in maniera singolarmente attiva alla nostra rigenerazione e maturazione in Cristo. È unico il posto di Maria nell’intera economia della salvezza, il quale stabilisce un rapporto irripetibile e ineliminabile non solo tra Cristo e Maria sua Madre, ma anche tra Maria e noi, e tra noi e Lei, in modo da far di noi dei fratelli in Cristo, perché figli della stessa Madre»[14].

Solo se Maria è veramente Corredentrice, svanisce quella sorta di timore di consacrarsi a Lei e di ritornare al concetto dell’analogia metafisica, intesa in senso proprio e non metaforico. Corredentrice indica la sua dipendenza da Cristo e la sua compartecipazione all’opera della salvezza. Consacrazione implica un’appartenenza a Lei in quanto dipendente totalmente da Cristo e subordinata a Lui: l’analogia è chiara. Perciò,

«[…] la Maternità spirituale di Maria nei nostri confronti conferisce il massimo valore all’esemplarità di Cristo in ordine alla consacrazione mariana»[15].

 

 

3.2  La Regalità di Maria: il suo impero sui cuori

Maria in Cristo partecipa pure al munus regale del Figlio, che s’iscrive armonicamente nel “mistero-Maria”, dal momento che il Messia è Re e Sacerdote (cf Sal 2;109). Maria per il fatto di essere stata associata intimamente a Cristo, partecipa della sua signoria su tutte le cose e sul genere umano. Come in Cristo c’è una regalità divina ed una acquisita in ragione della Redenzione e dell’effusione del suo Sangue (cf Ef 1,7; 2,13), con cui ha ricapitolato tutte le cose (cf Ef 1,10), così in Maria c’è una regalità che le deriva dalla sua Maternità divina: è la Madre del Signore, dunque la Regina, e una che le deriva dalla sua Corredenzione, in ragione dei suoi meriti materni. Maria è perciò Regina a titolo unico, perché Madre e perché Signora-Corredentrice, imporporata del Sangue dell’Agnello.

Pio XII infatti, nell’Enciclica Ad caeli Reginam del 1954, con cui chiudeva in bellezza l’Anno Mariano ed istituiva al 31 maggio la festa della Regalità di Maria, enuclea il fondamento teologico della Regalità, quale coronamento dell’Assunzione in cielo in corpo ed anima, proprio dalla Maternità divina e dalla cooperazione unica di Maria alla Redenzione. Così scrive:

«Tuttavia la Beatissima Vergine si deve proclamare Regina non soltanto per la Maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per Volontà di Dio, ebbe nell’opera della nostra salvezza eterna […]

Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell’opera della salute spirituale, per Volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo […] se ne potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro Re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro Redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la Beatissima Vergine è Regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo»[16].

 

Di qui deriva che come Cristo impera sulle menti e sulle volontà degli uomini col dolce giogo del suo amore, così Maria, partecipando a questo dolce Impero regale, esercita sulle anime un influsso materno, analogo a quello del Signore. Dice ancora Pio XII:

«[…] la Beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell’eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell’influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini»[17].

 

Questa analogia metafisica, che al dire di Pio XII fonda il mistero della Regalità di Maria, allo stesso tempo illumina il tema della consa­crazione. Infatti papa Pacelli, antesignano della consacrazione a Maria, pone un legame analogico tra il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria, sintesi del mistero del Figlio di Dio unito alla sua Madre. Il Pontefice, nel consacrare il genere umano al Cuore Immacolato di Maria, nell’an­niversario delle apparizioni di Fatima, il 31 ottobre 1942, così diceva nella parte finale della sua supplica, mettendo in parallelo e imper­niandole nel mistero della Regalità, la Consacrazione al Cuore di Gesù fatta da Leone XIII con la Consacrazione (analogica) al Cuore Imma­colato di Maria, «Madre nostra e Regina»:

«Finalmente, siccome al Cuore del Vostro Gesù furono consacrati la Chiesa e tutto il genere umano, perché, riponendo in Lui ogni speranza, Egli fosse per loro segno e pegno di vittoria e salvezza (cf Litt. Enc. Annum Sacrum: Acta Leonis XIII, vol. 19, p. 79); così parimenti noi in perpetuo consacriamo anche a Voi, al Vostro Cuore Immacolato, Madre nostra e Regina del mondo: affinché il Vostro cuore e patrocinio affrettino il trionfo del Regno di Dio, tutte le genti, pacificate tra loro e con Dio, Vi proclamino beata, e con Voi intonino, da un’estremità all’altra della terra, l’eterno Magnificat di gloria, amore, riconoscenza al Cuore di Gesù, nel quale solo possono trovare la Verità, la Vita e la Pace»[18].

Come dunque la devozione al Cuore di Gesù implica la consacrazione, così la devozione al Cuore di Maria, esprimenti entrambe le devozioni la Regalità salvifica di Gesù e di Maria. Infatti, a tal riguardo commenta Roschini:

«[…] come alla base della consacrazione del mondo al Sacro Cuore di Gesù […] vi è la Regalità di Cristo, così – per un’ovvia analogia – alla base della consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore Immacolato di Maria, vi è la sua Regalità. Noi, infatti, apparteniamo tutti a Cristo e a Maria Regina. Con la “consacrazione” non si fa altro che riconoscere questa nostra appartenenza al Re e alla Regina dell’Universo»[19].

I Cuori di Gesù e di Maria esprimono un unico “Fiat” alla Volontà del Padre, sono accomunati dalla medesima Missione salvifica e, come coronamento, sono uniti nel medesimo trionfo in Cielo. Consacrarsi al Cuore di Gesù significa riconoscere la potestà d’amore di Cristo su di noi: è il movimento dell’uomo che con la sua libera volontà accetta il giogo soave della salvezza e cammina verso di essa. Così, consacrandosi al Cuore di Maria, il figlio di Dio e di Maria riconosce il dolce Impero di questa Signora, quanto Lei ha contribuito a fare per la sua rinascita soprannaturale e si dona a Lei incondizionatamente. Di più, come in Cristo non fu sufficiente solo l’accettazione della Volontà del Padre che lo consacrava “Servo”, ma fu necessaria anche la sua piena cooperazione umana per metterla in pratica, così nel fedele discepolo del Signore non basta il Battesimo per rimanere nella consacrazione divina. La Consacrazione al Cuore di Gesù rafforza la disponibilità dell’uomo a vivere per Cristo, lasciando che Cristo eserciti su di lui la sua regalità. La consacrazione a Maria, di riflesso, rafforza la disponibilità dell’uomo a vivere con Maria per essere completamente di Cristo, lasciando che la Vergine compia il suo ufficio di mediatrice e di santificatrice. Scrive in modo molto chiaro M. Hauke:

«Come la Regalità di Cristo diventa pienamente operativa solo quando accolta personalmente, così anche la Regalità di Maria richiede la consacrazione personale. Solo allora la mediazione materna della grazia può attualizzarsi in maniera piena»[20].

 

 

  1. Consacrarsi a Maria per essere consacrati perfettamente a Dio

 

Da quanto abbiamo finora detto, appare che Maria non è un ostacolo per andare a Dio, piuttosto è una via, facile, sicura e bella, come direbbe san Massimiliano M. Kolbe. Pertanto, la consacrazione a Lei, è da concepirsi unicamente in questa prospettiva: ci si consacra alla Madonna per essere perfettamente consacrati a Dio; si accoglie il giogo della sua Regalità materna, certi di rimanere sotto l’unico vessillo di Cristo. La consacrazione a Maria è da leggersi come dinamicità mariana, come presenza di Maria in noi, per vivere nella fedeltà a Cristo e agli impegni del Battesimo.

Perciò, «[…] la pratica devozionale della consacrazione alla Madonna deve essere considerata come una consacrazione dichiarativa […]»[21], mentre la consacrazione battesimale e poi eventualmente quella religiosa sono propriamente consacrazioni costitutive[22]. La consacrazione a Maria, poi,

«non è una consacrazione come atto di adorazione e di amore sopra tutte le cose, che può essere indirizzato a Dio solo, ma di consacrazione in senso analogico: riconoscere in maniera esplicita e impegnativa la missione di Maria, rimettersi con amore e fiducia nelle sue mani, facilitarle il compito materno di portarci con Cristo, nella forza dello Spirito, al Padre e ai fratelli. È un consegnare il proprio “cuore”[…] al Cuore della Madre di Cristo e nostra, perché lo plasmi sul Cuore di Cristo e l’orienti senza alcuna riserva a Colui cui spetta “ogni onore e gloria”, ma la cui gloria è “l’uomo vivente”»[23].

 

La parola “consacrazione”, inizia a presentare dei dubbi circa la sua corretta applicazione a Maria, a partire dagli anni ’60[24], e soprattutto con la revisione dei “Principi generali” delle Congregazioni Mariane, in cui si evitò la parola «consacrazione», e la si sostituì con «impegno permanente», in quanto “consacrarsi” esprimerebbe un atto di adorazione e pertanto andrebbe riferito solo a Dio. Nella Congregazione Mariana, tale atto, doveva essere rivolto a Cristo per le mani di Maria, quale conferma della propria consacrazione battesimale[25]. Su questa linea si colloca pure l’opera di R. Laurentin con il suo libro del 1991, Retour a Dieu avec Marie. De la sècularisation à la consécration. Per il fatto che solo Dio è colui che consacra, Laurentin ne deriva che non vi è consacrazione se non a Dio, escludendo, a rigor di termini, una consacrazione a Maria. Questo farà maturare pian piano la scelta di un nuovo vocabolario, più biblico. Si fa strada così la parola “affidamento”, proposta dal Rettore Maggiore dei Salesiani nel 1984, poi sposata pure da Giovanni Paolo II, e ultimamente la parola “accoglienza”, preferita da De Fiores[26] per il suo connotato biblico e di conseguenza più ecumenico. Questo movimento di allontanamento, in un certo senso, progressivo dal termine “consacrazione”, si fa però alquanto preoccupante quando si dice che oggi «è opportuno, anzi necessario, ricorrere ad un linguaggio alternativo, immediatamente comprensibile nelle odierne culture»[27].

 

 

4.1  Dio o Maria?

Mettere in discussione, però, la parola “consacrazione” (non entriamo nel merito della significanza teologica degli altri termini, lasciando questo ad un altro relatore), ci sembra, in definitiva, contrapporre Dio e Maria, o l’uno o l’altro, evidenziando una forte carenza concettuale sul versante della soteriologia mariologica. Se Maria ha veramente cooperato con Dio nella nostra salvezza, non c’è motivo allora di escluderla dal nostro processo giustificativo, fino alla santificazione definitiva nel Regno dei Cieli.

È interessante la considerazione sulla consacrazione a Maria fatta negli anni del Concilio da F. Holböck, che divide le posizioni tra massimalisti e minimalisti:

«I massimalisti accentuano così fortemente la consacrazione alla Madonna (particolarmente la Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria), sia quella personale, sia quella delle famiglie e di tutto il mondo come se fosse necessaria alla salvezza e il solo mezzo per essere beati. I minimalisti hanno enormi difficoltà per queste consacrazioni alla Madonna; essi si chiedono se ci si possa del tutto consacrare a uno che non sia Dio e se non sia già sufficiente la consacrazione a Dio avvenuta nel Battesimo. Le consacrazioni collettive fanno poi loro particolare difficoltà, soprattutto quando riguardano popoli del tutto atei; essi si chiedono quale possa essere il significato di tali consacrazioni, dal momento che non sono sacramenti, che hanno valor ex opere operato, ma soltanto sacramentali, il cui valore totale consiste nell’opus operantis e cioè nell’obbligazione volontaria del fedele che si consacra a Maria»[28].

Crediamo, in verità, che tra le cause che nel post-concilio hanno iniziato a far sorgere seri dubbi circa l’analogicità della parola “consacrazione” attribuita a Maria[29], se ne possano individuare essenzialmente tre:

  1. a) quella basica che è l’abbandono progressivo della metafisica per concentrarsi maggiormente sul discorso antropologico[30].
  2. b) Una confusione generatasi circa il valore del sacro e del profano e un mescolamento tra i due: il profano è stato ravvisato come ultimo fondamento del sacro, già presente in esso, come istanza ultima e completiva[31] (sic!).
  3. c) Un abbandono della mariologia classica e della soteriologia metafisica (Corredenzione e Mediazione) per motivi ecumenici e per un rinnovamento del trattato mariologico all’in-segna della ristrutturazione di una vera e propria teologia dello Spirito Santo, togliendo a Maria per dare allo Spirito, quanto fino ad allora era stato attribuito impropriamente ad una creatura[32]. Un esempio è stato l’apporto corredentivo di Maria, da attribuire invece allo Spirito Santo, con l’idea di valorizzare di più Dio nell’opera della Redenzione che non la creatura[33]. In realtà, possiamo dare a Dio più di quello che non abbia già? Il valore della teologia consiste anche nel capire il giusto posto della creatura, che nel caso di Maria, è la Sposa dello Spirito Santo e la Nuova Eva, sposa del Nuovo Adamo. Piuttosto, bisognerebbe dire con Benedetto XVI che «non c’è Pentecoste senza la Vergine Maria. Così è stato all’inizio nel Cenacolo […] E così è sempre, in ogni luogo e in ogni tempo»[34].

 

 

4.2  Dio et Maria

In verità, non si approccia correttamente il problema della salvezza opponendo Dio alla creatura, Dio a Maria. In Maria abbiamo il modello della cooperazione dell’uomo con Dio, con la grazia. “Dio et Maria”, significherà, allora, sempre Dio e l’uomo, Dio e la collaborazione umana alla salvezza. Ci mostrerà in sintesi il mistero del Verbo Incarnato, in cui la natura umana è sì indissolubilmente unita a Dio, da risultare pienamente libera di operare, autodeterminandosi sempre nell’obbedienza a Dio, nella fedeltà alla Verità. Maria non è un concorrente di Dio né dell’uomo. È il modello del a Dio, del rimanere in Lui. Se ci si dona a Lei, può soltanto portarci nel suo a Dio, può soltanto fissarci nel suo rimanere in Lui. “Dio et Maria” indicherà sempre un andare a Dio, a Cristo per Maria.

 

 

  1. Consacrazione a Maria nell’alveo biblico dell’“alleanza”

 

A questo punto del nostro percorso sulla consacrazione a Maria, potremmo suggerire una possibile lettura di questo dato mariologico, sviluppandolo ulteriormente alla luce della categoria biblica dell’“alleanza[35]. Sappiamo quanto valore abbia detta categoria per una lettura aggiornata dei numerosi dati biblici, che intessono una relazione fondamentale tra Dio e il suo Popolo, finalmente divenuto la Chiesa, particolarmente nei suoi risvolti mariologici. Infatti, nella lettura profetica, il simbolo fondamentale per descrivere l’alleanza tra Dio e il suo popolo è il matrimonio. Dio è lo Sposo, Israele è la Sposa. Le categorie femminili applicate ad Israele sono riassumibili nel dato pregnante della «Figlia di Sion». Questa «Donna» che simboleggia il partner collettivo veterotestamentario, Isreale, è la “Sposa di YWHW”, a volte anche infedele (cf Os 1,3; Is 1,21; 62,4-5; Ger 2,2), ed è anche la «madre Sion» (cf Sal 87), a volte anche la «Vergine Israele» (cf Am 5,2; Ger 18,13) o «la Vergine, figlia di Sion» (cf 2Re 19,21; Is 37,22). Si vede una progressività rivelativa che passa in modo sempre più marcato da una figura femminile collettiva che indica il popolo fidanzato a Dio con un patto di alleanza, ad una figura femminile personale, che non ignora la collettività ma la include: arriviamo cioè a Maria la «Vergine Madre», Sposa spirituale di Cristo, legata al Figlio da un patto di alleanza, dal patto della Nuova Alleanza[36].

Maria, soprattutto ai piedi della Croce, è la «Figlia di Sion» messianica che riceve i figli di Dio dispersi, ora adunati dal suo Figlio morente (cf Gv 11,52). Questa Figlia di Sion è la Sposa di YWHW, la Ver­gine figlia, la Vergine Madre di Israele, con la quale Iddio conclude un patto di alleanza, profetizzato da Ezechiele (36,25-27) e Geremia (31,33-34), e finalmente compiuto in Cristo, nel suo Sangue (cf Mc 14,24). L’alleanza di Dio con noi si compie nell’alleanza di Dio in Cristo e fi­nalmente di Cristo con Maria, due persone individuali, due partner, che aprono al personalismo salvifico cristiano.

Il compimento profetico di questa Vergine Figlia di Sion si realizza pertanto in Maria, Madre, Figlia e Sposa di Dio nel suo Figlio. L’alleanza così si sviluppa tra Dio e il suo popolo attraverso la figura della «Vergine Sion», per poi manifestarsi in pienezza nella Nuova Alleanza, quando Dio ratifica il suo patto con la Vergine Maria. A Lei è rivolto il saluto dell’esultanza, della gioia, come già all’antico Israele: “Rallegrati piena di grazia” (cf Lc 1,28), che fa eco a quel: «Gioisci Figlia di Sion» (Sof 3,14). Il motivo di questa gioia è la presenza del Signore «in mezzo a te». Dio all’Annunciazione si incarna in Lei: qui si tratta di un’alleanza tra Dio e Maria[37]. Maria risponde personalmente a nome di tutto il popolo dei redenti e con il suo “Fiat” apre le porte della salvezza, preparando i servi del Signore a fare la sua volontà quando dice: «Fiat mihi secundum verbum tuum» (Lc 1,38).

Quindi si arriva a Cana (l’inizio dei Vangeli, ovvero l’inizio della rivelazione messianica di Gesù come il Figlio) e al Calvario, dove propriamente rifulge l’alleanza di Cristo con Maria[38]: qui i due attori sono sullo stesso piano della presenza individuale e salvifica. Alle nozze di Cana (cf Gv 2,1-12) appare evidente che il vero sposo è colui che dà il «vino buono», Gesù, che così dà inizio ai segni in Cana di Galilea. Se Gesù è dunque lo Sposo di queste nozze, che assumono ora una significazione nuova e soprannaturale, la Sposa di queste nozze messianiche inaugurative è da leggersi nell’ambito del termine “donna” applicato dal Figlio alla sua Madre. Maria è colei che sta davanti a Cristo e risponde a nome della nuova comunità dei discepoli, ed invita i servitori, figura del nuovo Popolo di Dio, a fare ciò che il Figlio dice. Quel «fate quello che Egli vi dirà» (Gv 2,5), diventa eco neotestamentario di una formula d’alleanza che compare già nell’AT, al momento della promulgazione della Legge sul Sinai: «Tutto ciò che YHWH ha detto noi lo faremo» (Es 19,8). Dunque, la sposa di queste nozze messianiche che inaugurano la nuova alleanza di Dio con il suo popolo è Maria, la madre di Gesù. Infatti, «la maternità spirituale che Maria riceverà nell’ora del Calvario sarà il risultato delle nozze spirituali, quelle che furono celebrate a Cana»[39]. In questo contesto d’alleanza risulta pertanto una nuova relazione sponsale tra Maria che è la «Donna», la «Figlia di Sion» e Gesù lo Sposo messianico. Questa relazione sponsale ritorna sul Calvario, dove incontriamo nuovamente Gesù, lo Sposo sanguinoso e Maria, la Donna. Costei, quale nuova Madre Sion, accoglie il figlio Giovanni, e in lui tutti i figli di Dio che il Figlio ora raduna in unità. A Cana Maria era già diventata Madre dei discepoli, ora la sua Maternità spirituale viene espressamente dichiarata, seguendo uno schema di rivelazione (cf Gv 19,26-27): la Madre di Gesù diventa la Madre del discepolo, dunque il discepolo diventa per la Madre quello che per Lei è Gesù. Scrive de La Potterie:

«Il testo (di Giovanni) ci svela un atteggiamento del cuore di Maria: la maternità che ella esercita ormai verso i discepoli è di ordine spirituale, dell’ordine della fede. È l’atteggiamento di alleanza che ella aveva preso a Cana nei riguardi dei servitori, dicendo loro di fare tutto quello che Gesù avrebbe detto. La Madre di Gesù diviene la Madre di tutti i discepoli, aiu­tandoli ad entrare nell’alleanza con Gesù, a divenire sempre simili a Gesù […] Maria appartiene certamente al polo umano dell’alleanza; ma essa svolge ormai un ruolo indispensabile, non solo di rappresentazione, ma di mediazione per andare a Cristo e a Dio. A Cana i servitori prendono l’at­teggiamento dell’alleanza per mezzo di Maria; sotto la croce, il discepolo diventa prima figlio di Maria e in seguito può entrare nel mistero del Cuore di Gesù»[40].

 

Questo mistero d’alleanza, ha un centro, questo centro è il cuore. Ora il cuore nella Bibbia esprime un centro interiore della persona, della sua interiorità spirituale, non è solo un organo, bensì anche un simbolo. I pensieri infatti vengono dal cuore (cf Sal 18,15), come pure le azioni vengono dal di dentro, cioè dal cuore (cf Mc 7,21-23), e solo chi ha un cuore puro è capace di vedere Dio (cf Mt 5,8).

Come attraverso i profeti Iddio preannuncia una «nuova alleanza» in cui darà un «cuore nuovo» (cf Ez 36,26; Ger 31,31-33), così finalmente nel NT rifulge questo «cuore nuovo», un cuore immacolato, preparato da Dio per accogliere il mistero della sua nuova ed eterna alleanza nel Figlio: questo cuore nuovo è il mistero di Maria, l’Immacolata Concezione, che fa unità, come dicevamo, con Gesù, con il Cuore di Gesù. Al momento dell’Annunciazione sappiamo che era stata preparata e trasformata dalla grazia ad accogliere il Verbo di Dio. Questa prepara­zione/trasformazione è espressa dal participio passato kecharitoméne, gra­tia plena (una pienezza già presente ed operante). Lei era stata predesti­nata a comparire ora alla presenza di Dio santa ed immacolata, in un modo assolutamente unico. La sua vita, il suo Cuore Immacolato, è il fulcro della sua interiorità, del suo mistero, che fa unità con il Mistero di Cristo.

        «“L’alleanza dei Cuori di Gesù e di Maria” – scrive de La Potterie –, non si trova solamente “nel cuore della fede cattolica” come è stato detto, ma se lo si interpreta a un certo livello di profondità, si pone veramente anche al centro della rivelazione biblica»[41].

Qui traspare in modo mirabile che, «il Cuore di Maria è il primo cuore umano dove si sia realizzata la nuova alleanza, l’alleanza tra la creatura e Dio»[42].

Come tutto questo può aiutare la nostra riflessione sulla consacra­zione a Maria? Potremmo dire che la consacrazione, vista in quest’ot­tica dell’alleanza, diventa in un certo senso un suggellare da parte del discepolo, del figlio, un patto d’amore e di fedeltà con la Madre di Dio, per essere da Lei introdotti nel segreto del Cuore di Gesù. I figli di Dio, ricevuti come figli da Maria, ora si donano totalmente a Lei, onde ratificare l’alleanza di Dio con noi. La consacrazione a Maria, perciò, al fine di manifestare ancora oggi la sua cogenza teologica e la sua spi­rituale efficacia, potrebbe essere letta nell’ambito della categoria bi­blica dell’alleanza, in cui Maria svolge il ruolo materno della mediatrice tra Cristo e i discepoli, che ormai sono diventati figli di Maria. È Lei che conservando nel suo Cuore le cose del Figlio, confrontandole e meditandole (cf Lc 2,19), è in grado di introdurre nella comunione con Cristo in Dio.

Consacrazione quindi potrebbe leggersi come “patto di alleanza” con Maria: un solenne impegno di fedeltà e d’amore alla Vergine, sulla base della Parola di Dio, che impegna ad un’alta responsabilità e comporta un atto di iperdulia nei confronti di Maria, la Donna Fi­glia di Sion, al fine di rimanere con Lei nella fedeltà all’alleanza di Dio, facendo unicamente la Volontà di Dio, mettendo in pratica le promesse del nostro Battesimo. La consacrazione a Maria ci fa rima­nere fedeli al Dio dell’alleanza. Legarsi a Lei con la consacrazione non sarà superfluo, come non era stato superfluo il mistero dell’alle­anza, apertosi con la fiducia di Dio per il suo popolo, visto come una sposa e ratificato nel Sangue del Figlio, a cui si unisce in modo unico la Madre di Dio e nostra.

La consacrazione a Maria, nell’ambito della categoria dell’alle­anza, lumeggia pertanto il ruolo della Mediazione mariana per la per­fetta consacrazione a Cristo. Non è un problema consacrarsi a Cristo e a Maria, a Cristo attraverso Maria, ascoltando in modo intimo la pa­rola di Colei che ci dice qual è la Volontà del Figlio e ci insegna a metterla in pratica. Maria è per sé il tramite neotestamentario per giungere a Cristo. Le formule timide di affidamento a Maria, pos­sono benissimo essere migliorate ed affiancate da un “consacrarsi a Maria” (come fine prossimo e mezzo ad un tempo), per essere perfet­tamente consacrati a Gesù (come fine remoto e assoluto). Maria è per sé mediatrice in Cristo. Conduce per sé a Cristo, e d’altronde la sua me­diazione è indispensabile per una necessità provvidenziale secondo i dati del Nuovo Testamento.

In conclusione, si vede in tal modo, il richiamo intimo al testo della 1Pietro (3,15) che citavamo in apertura, quale monito urgente ad ogni cristiano: «Santificate Cristo nei cuori». Maria è quel cuore che massi­mamente ha santificato Cristo. Consacrarsi al suo Cuore Immacolato significherà allora santificare massimamente Cristo nei cuori, nell’in­timo della persona, perché i cuori saranno una cosa sola con il suo, anzi Lei sarà in noi per santificare il Figlio. Dice Scheeben a proposito del Cuore di Maria, che sintetizza il suo mistero di Madre:

«In Maria il cuore è il centro vitale della sua persona: esso la rappresenta nel suo carattere personale di mamma, poiché il cuore è il simbolo sia della maternità corporea, sia della maternità spirituale. Tutta la posizione e l’attività di Maria si riassume nella nozione di cuore mistico del corpo mistico di Cristo»[43].

Potremmo riassumere il tutto in un quadro sinottico, in cui si illuminano i testi biblici dell’alleanza di Dio, che si compie in Gesù attraverso la Mediazione di Maria, per la santificazione del cristiano. Il discepolo di Cristo, dopo essere diventato fedele servo e figlio di Maria, impara a volgere lo sguardo dell’amore a Cristo, il trafitto-innalzato:

 

 

 

 

 

Preparazione

 

Compimento

 

A Gesù

per Maria

 

Con Maria

per santificare

Cristo nel cuore

 

Ez 36,25-27:

«Vi darò un cuore nuovo»

 

Lc 1,28: «kaire kecharitoméne»

 

Gv 2,5:

«Fate quello che vi dirà»

 

Gv 19,37:

«Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto»

 

Ger 31,33-34: «Questa sarà l’alleanza […] porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore»

 

Lc 2,18 e 2,51: «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore»

 

Gv 9,26-27: «Donna ecco il tuo figlio! […] Ecco la tua Madre!»

 

1Pt 3,15: «Christòn aghiàsate en tais kardíais umôn»

 

 

 

 

Consacrarsi a Maria significa dunque stare con Maria per contem­plare il Figlio, per entrare nel mistero della sua intimità: Lei che nell’intimità del suo cuore custodiva il Figlio, le cose del Figlio. Se ogni figlio la riceve tra le sue cose più preziose, eis tà ídia (Gv 19,27), e si dona senza limiti a Lei, imparerà da Lei a custodire in sé le cose del Figlio, le cose di Dio. La consacrazione a Maria, risulta perciò, un po­tente ed efficace mezzo, per rimanere nell’amore di Dio, nell’intimità del suo Cuore.

Perché consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria? Ci piace rispondere a questa domanda, e così concludiamo, con le parole del venerabile Pio XII, espresse nel lontano 1954: perché, «[…] in questa ardua ora dell’umanità, Dio vorrà salvare il mondo per mezzo di quel Cuore Immacolato»[44].

[1] Eadmerus, De excellentia Virginis Mariae, c. 11: PL 159, 508AB, cit. da Pio XII, Lett. Enc. Ad caeli Reginam, dell’11 ottobre 1954, in AAS 46 (1954) 634.

[2] Cf D. R. Bratcher, Consacrare, in P. J. Achtemeier, Il Dizionario della Bibbia, Zani­chelli, Bologna 2003, p. 193. Cf anche Consacrazione, Consacrato, in I.H. Marshall (et al., a cura di), Dizionario Biblico GBU, GBU, Chieti-Roma 2008, p. 345: «…la consacrazione (nell’A.T.) simboleggiava l’essere equipaggiati per il servizio ed era associata al dono dello Spirito di Dio (1Sam 10,1-9; 16,13; Is 61,1; Zac 4,1-14). È questo l’uso che passa nel NT (Atti 10,38; 1Gv 2,20-27)».

[3] Cf aghiázo, in F. Zorrel, Lexicon Graecum Novi Testamenti, P. Lethielleux, Parisis 1961, coll. 12-13; O. Procksh, ághios, in G. Kittel (a cura di), Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. I, Paideia, Brescia 1965, pp. 299-302.

[4] Ivi, p. 302. In nota n. 6 (cf Ibidem) l’Autore aggiunge: «I cristiani in quanto ághioi, devono far progredire in loro stessi il processo santificativo anche in se­guito (Ap 22,11: o ághois aghiasthéto èti) dopo che, per mezzo di Cristo, sono stati posti nello stato di santità».

[5] Ivi, p. 304.

[6] A. Valentini, Maria, perfetta icona di consacrazione al Signore, in Claretianum, 44 (2004) 20. Da Valentini però ci scostiamo quando considera – questo è un leit motiv frequente nelle sue opere – i Vangeli dell’infanzia, «testi altamente teolo­gici, frutto della riflessione matura delle comunità post-pasquali…», (Ivi, p. 22) e quando, parlando della fede di Maria, dice che «nonostante la non comprensione del mistero del Figlio ha costituito – come per Geremia (Ger 15,16) – la gioia e l’intima sofferenza del cuore, la passione e la fatica di tutta la sua vita», Ivi, pp. 22-23. Se “comprensione” è inteso in senso logico-metafisico allora è chiaro: nes­suno può com-prendere il mistero di Dio tranne che Dio; se invece ci si riferisce all’ignoranza di Maria, allora bisogna dire che il Nuovo Testamento ci dice in­vece il contrario (per es. a Cana, solo Lei sa quello che sta per accadere e sul Cal­vario col suo stabat silente ma per questo sì eloquente, rimane nella fedeltà all’alleanza).

[7] Cf Paolo VI, Es. Ap. Marialis cultus, del 2 febbraio 1974, n. 20, in AAS 66 (1974) 131-132.

[8] Cf F. M. Franzi, Per un orientamento sul tema della consacrazione, in Aa. Vv., Teolo­gia e pastorale della consacrazione a Maria. Aggiornamento teologico-pastorale alla luce del Vaticano II, Messaggero, Padova 1969, pp. 9-10. Questo libro riporta gli Atti dell’VIII Settimana di studi mariani per il Clero, promossa dal Collegamento ma­riano nazionale, tenutasi a Roma, presso il Seraphicum, dall’8 al 12 luglio 1968.

[9] Seguiamo in questo il padre A. Pompei, Fondamenti teologici della consacrazione a Maria, in Ivi, pp. 49-60. Invece, il padre G. M. Stano (Fondamenti biblici della consacrazione a Maria, in Ivi, pp. 17-18) mentre indica la Maternità divina di Maria come fondamento remoto della consacrazione, in quello prossimo include: la Regalità universale, la Maternità spirituale e la Mediazione di Maria come ap­plicazione dei frutti della Redenzione.

[10] La letteratura su questo dato mariologico è ormai più che abbondante. Ci limi­tiamo a segnalare B. Gherardini, La Corredentrice nel mistero di Cristo e della Chiesa, Vivere in, Roma 1998, per una visione d’insieme, e i XII volumi dell’opera Aa. Vv., Maria Corredentrice. Storia e teologia, Casa Mariana Editrice, Frigento 1998-2010, e i IX volumi di Aa. Vv., Mary at Foot of the Cross. Acts of the Interna­tional Symposium on Marian Coredemption, Academy of the Immaculate, New Bedford (MA) 2001-2010.

[11] Benedetto XV, Lett. Enc. Inter sodalicia, del 22 maggio 1918, in AAS 10 (1918) 182.

[12] S. De Fiores, Consacrazione, in S. De Fiores-S. Meo (a cura di), Nuovo Dizionario di Mariologia, Paoline, Cinisello Balsamo 19862, p. 397.

[13] Su questo dato mariologico che si sta affermando, si veda S. M. Lanzetta, Il sacerdozio di Maria nella teologia del XX secolo. Analisi storico-teologica, Casa Mariana Editrice, Frigento 2006; S. M. Perrella, Le Mariofanie. Per una teologia delle appari­zioni, Messaggero, Padova 2009, pp. 180-207; J. Samaha, Il singolare ruolo sacerdo­tale di Maria. Madre e Socia di Cristo, in Immaculata Mediatrix, 1 (2010) 38-48.

[14] A. Marranzini, L’«atto di affidamento e consacrazione» a Maria. Significato teolo­gico, in La Civiltà Cattolica, 135/2 (1984) 19.

[15] A. M. Apollonio, La consacrazione a Maria, in Immaculata Mediatrix, 3 (2001) 71.

[16] Pio XII, Lett. Enc. Ad caeli Reginam, cit., in AAS 46 (1954) 633-635.

[17] Ivi, p. 636.

[18] Pio XII, Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, del 31 ottobre 1942, in Atti e discorsi di Pio XII, vol. IV, Roma 1943, p. 272 (traduzione italiana). Un anno dopo, nell’Enciclica Mystici corporis, il Pontefice ricorderà quest’atto di consacra­zione con queste parole, lumeggiando nuovamente la Regalità di Maria, da cui discende la sua mediazione di tutte le grazie: «La stessa Santissima Genitrice di tutte le membra di Cristo (cf Pio X: Ad diem illum), al cui Cuore Immacolato ab­biamo con fiducia consacrato tutti gli uomini e che ora in cielo, regnando insieme col suo Figlio, risplende nella gloria del corpo e dell’anima, si adoperi con insi­stenza ad ottenere da Lui che, dall’eccelso Capo, scendano senza interruzione su tutte le membra del mistico Corpo rivoli di abbondantissime grazie», Pio XII, Enc. Mystici corporis, del 29 giugno 1943, in AAS (1943) 248.

[19] G. Roschini, Maria Santissima nella storia della salvezza, vol. II, Isola del Liri 1969, p. 485, cit. da M. Hauke, Introduzione alla Mariologia, Eupress FTL, Lugano 2008, p. 251. Di G. Roschini si veda pure: La consacrazione a Maria. Principi di ascetica ma­riana, Istituto Padano Arti Grafiche, Rovigo 19542, in particolare le pp. 95-104 sulla Presenza di Maria in noi (nel nostro intelletto e nella nostra volontà). Più di recente, scrive a tal proposito Bogumil Lewandowski: «Ora, per Leone XIII la consacrazione al Cuore di Gesù significa il dono di sé e il riconoscimento della Regalità di Cristo; similmente Pio XII, specie nella preghiera a Maria Regina, insegna che la consacrazione a Maria comporta il libero riconoscimento della di Lei Regalità», (B. Lewandowski, Tutti consacrati alla Madonna, Roma 1988, p. 17). I verbi che Pio XII utilizza nella formula di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria sono: affidiamo, offriamo e consacriamo, che completa il significato sacrale dei termini precedenti. Gli stessi termini li ritroviamo poi nei discorsi e nelle formule di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Quest’ultimo solo successivamente (dal 1981) ha preferito l’espressione “affidamento”, in ragione delle parole di Gesù dall’alto della Croce (cf Gv 19,26-27). Ad ogni modo, la formula di Pio XII, mentre ci insegna a non irrigidirsi troppo nella scelta del lessico mariologico di consacrazione, ci svela altresì, la progressività e il perfezionamento teologico che ogni termine può esprimere, risultando “consacrazione” completivo e perfettivo, in ragione dell’accento sacrale rispetto a quelli precedenti.

[20] M. Hauke, Introduzione alla Mariologia, cit., p. 370.

[21] A. M. Apollonio, La consacrazione a Maria, in Immaculata Mediatrix, 3 (2001) 60.

[22] Qui rientra anche la professione del Voto mariano dei Francescani dell’Im­macolata, che propriamente costituisce la vita francescano-mariana di questo no­vello Istituto religioso di diritto pontificio.

[23] A. Marranzini, L’«atto di affidamento e consacrazione» a Maria, cit., p. 28. Marranzini era già intervenuto su questo tema: Consacrazione a Maria in prospettiva teologico-antropologica, in La Madonna, 27 (1979) 51-76.

[24] Per avere un panorama generale si veda S. De Fiores, La problematica della consacrazione mariana, in E. Peretto (a cura di), La spiritualità mariana: legittimità, natura, articolazione, Marianum, Roma 1994, pp. 357-361.

[25] Cf La Civiltà Cattolica, 119/3 (1968) 70. All’origine di questa revisione, la “Cro­naca” di Civiltà Cattolica indica da un lato l’istituzione della Federazione Mon­diale delle CC. MM. (1953) e dall’altro il Concilio Vaticano II, insieme all’opera di due teologi gesuiti (cf Ivi, pp. 69-70): K. Rahner, La consacrazione a Maria nella Congregazione Mariana, Stella mattutina, Roma 1964 e J. Alfaro, Il cristocentrismo della consacrazione a Maria nella C.M., Stella matutina, Roma 1962.

[26] Cf S. De Fiores, La problematica della consacrazione mariana, cit., p. 365.

[27] Ivi, p. 367. De Fiores stesso conosce una parabola evolutiva nel suo pensiero: principiando da una sentita difesa del termine “consacrazione” (cf il suo articolo Riflessioni teologiche sulla consacrazione a Maria, in Idem, Maria presenza viva del popolo di Dio, ed. Monfortane, Roma 1980, pp. 365-380), matura una preferenza diversa, come “accoglienza” o “autentica spiritualità mariana” (nell’articolo su citato, fino al recente dizionario Maria. Nuovissimo Dizionario, vol. I, Dehoniane, Bologna 2006, p. 395).

[28] F. Holböck, Il culto della Madonna tra massimalismo e minimalismo, in Digest Cattolico, 6 (1965) 41. Sembra comunque che l’A., nel dare una soluzione mediana tra i due schieramenti per un sano approccio mariologico illuminato dal Concilio, non si scosti da una visione piuttosto minimalista.

[29] Padre Apollonio enuclea cinque dubbi circa la possibilità di parlare ancora di consacrazione a Maria, a cui risponde in modo brillante, confermando l’oppor­tunità di seguire la dottrina perenne della Tradizione quanto alla consacrazione-affidamento a Maria. Vedi il suo La consacrazione a Maria, cit., pp. 92-100.

[30] È il caso di K. Rahner che se da un lato è ammirevole quanto allo sforzo di spie­gare la consacrazione a Maria come atto d’amore che fa entrare l’eterno nel tempo e mette in collegamento diretto l’uomo con Maria e quindi con Dio nell’eternità, dall’altro non si può però in tutto ciò non ravvisare il pericolo di porre, in definitiva, Maria nella medesima finalità divina, senza un’opportuna distinzione del piano umano (Maria) da quello divino (Cristo e Dio). Si veda il suo testo La consacrazione a Maria nella congregazione mariana. Aspetti teologici e ri­flessioni della vita, Stella matutina, Roma 1964, particolarmente le pp. 7-40. Per una critica ragionata a Rahner si veda A. M. Apollonio, La consacrazione a Maria, cit., pp. 99-100.

[31] Cf K. Rahner, Che cos’è un sacramento?, in Nuovi Saggi, vol. V, Paoline, Roma 1975, p. 542; Id., La figura del prete moderno, Paoline, Roma 1970, p. 13.

[32] Così dice S. Perrella: «Prima e dopo il Concilio Vaticano II si riteneva Maria e la mariologia di aver in un certo modo oscurato il ruolo proprio dello Spirito Santo nella salvezza di Cristo», Le Mariofanie. Per una teologia delle apparizioni, cit., p. 170.

[33] Infatti, scriveva R. Laurentin: «Il titolo di corredentrice che è stato coniato per lei (Maria) e le è comunemente attribuito dai mariologi – ma non accettato negli Atti della Santa Sede né dal Concilio – converrebbe prima di tutto a rigor di ter­mini allo Spirito Santo… Gli conviene secondo l’uguaglianza divina che darebbe tutta la sua forza al prefisso “co”redentore», (La Vergine Maria. Mariologia post-conciliare, Paoline, Roma 1983, pp. 233-234). Qui però dobbiamo notare due cose: 1) gli Atti della Sede Apostolica contengono la parola “corredentrice”, quando i Pontefici o qualche altro pronunciamento ufficiale l’hanno utilizzata (cf A. B. Calkins, Il mistero di Maria Corredentrice nel Magistero pontificio, in Aa. Vv., Maria Corredentrice. Storia e teologia, vol. I, Casa Mariana Editrice, Frigento 1998, pp. 149-153, lo studio intero è alle pp. 141-220); 2) attribuire il ruolo di co-redentore allo Spirito Santo implica che anche lo Spirito possa soffrire e partecipare come “incarnato” alla salvezza. Infatti non c’è perdono senza effusione di sangue (cf Eb 9,21). Questo però sarebbe un grave errore. Per una critica a Laurentin vedi A. M. Apollonio, The Holy Spirit and Mary Coredemptrix, in Aa. Vv., Mary at Foot of the Cross. Acts of the International Symposium on Marian Coredemption, vol. 1, Academy of the Immaculate, New Bedford (MA) 2001, pp. 61-91.

[34] Benedetto XVI, Regina caeli, del 23 maggio 2010, in L’Osservatore Romano, del 24-25 maggio 2010, p. 7. Era il giorno di Pentecoste quando il Papa ha pronun­ciato queste parole durante la preghiera del Regina caeli.

[35] Per un’introduzione alla rilevanza mariologica di questo concetto si veda M. Hauke, Introduzione alla Mariologia, cit., pp. 67-73.108-111.

[36] Per l’importante significato mariologico del titolo “Figlia di Sion” si veda R. Laurentin, Structure et théologie de Luc I-II, Gabalda, Paris 1957, pp. 148-163; J. Ratzinger, La Figlia di Sion, Jaca Book, Milano 1979 (or. ted. Die Tochter Zion, Einsiedeln 1977).

[37] Cf A. Serra, L’annunciazione a Maria (Lc 1,26-38). Un formulario di alleanza?, in Parola di vita, 25 (1980) 163-209; Id., La Donna dell’Alleanza. Prefigurazioni di Maria nell’Antico Testamento, Messaggero, Padova 2006; G. Honoré Lainé, La donna e il mistero dell’Alleanza, Elledici, Torino 1987 (or. fr. La femme et le mystère de l’Alliance, Paris 1985).

[38] Cf I. De La Potterie, Maria nel mistero dell’alleanza, Marietti, Genova 1988, pp. 214-225. Id., La passione di Gesù secondo il vangelo di Giovanni, Paoline, Cinisello Bal­samo 1988, pp. 121-127. Id., La madre di Gesù e il mistero di Cana, in La Civilità Cat­tolica, 130 (1979) 423-440; Id., Le nozze messianiche e il matrimonio cristiano, in Parole Spirito e Vita, 7 (1986) 87-104; E. Przywara, Christentum gemäss Johannes, Nür­nberg 1954, pp. 53-71.

[39] J. P. Charlier, Le signe de Cana, La Pensée catholique, Bruxelles 1959, p. 79.

[40] I. De La Potterie, Il mistero del Cuore trafitto. Fondamenti biblici della spiritualità del Cuore di Gesù, Dehoniane, Bologna 1988, pp. 174, 179.

[41] Ivi, p. 142.

[42] Ivi, p. 167.

[43] M. J. Scheeben, La Mère Verginale du Sauver, Desclée de Brouwer, Bruges 1959, cit. da A. Marranzini, L’«atto di affidamento e consacrazione» a Maria, cit., p. 27.

[44] «[…] en esta hora ardua de la humanidad, Dios querrá salvar al mundo por me­dio de aquel Corazón Inmaculado». A conclusione di questo Messaggio, con ac­centi infuocati, dirà il Pontefice: «Nos, como Padre común de la familia cristiana, como Vicario de Aquel, a quien fue dado todo poder en el cielo y en la tierra, a Vos, a Vuestro Corazón Inmaculado confiamos, entregamos y consagramos no sólo toda esa inmensa multitud ahí presente, sino también toda la nación españ­ola, para que vuestro amor y patrocinio acelere la hora del triunfo en todo el mundo del Reino de Dios y todas las generaciones humanas, pacificadas entre sí y con Dios, Os proclamen bienaventurada, entonando con Vos, de un polo al otro de la tierra, el eterno «Magnificat» de gloria, amor y gratitud al Corazón de Jesús, único refugio donde pueden hallarse la Verdad, la Vida y la Paz», (Pio XII, Ra­diomensaje de su Santidad Pío XII al Congreso Mariano Nacional de España, 12 ottobre 1954, in AAS 46 [1954] 680-683). Per approfondire la dottrina di Pio XII sulla con­sacrazione al Cuore Immacolato, si veda G. M. Morreale, La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria nella dottrina di Pio XII, Desclée e C., Roma 1964.

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